Dov’è quella letizia,
Che sparse lunsinghiero
Sorriso dilettevole
Sopra ogni mio pensiero?
Dov’è dov’è quel brio
Di viva gioventù,
Che insuse nel cor mio
De’ carmi la virtù?

Tutto sparì: le tenebre
Mi scesero nell’alma;
Atra tempesta intorbida
La prima ridente calma.
Melanconia dimora
Curdele nel mio sen;
Con dura mano Ognora
Stretto il mio cor si tien.

I più soavi palpiti
Tien del mio cor ristretti,
D’amore, d’amicizia
Mi vieta i dolci affetti.
Sopra ogn’idea m’infonde
Un lugubre color,
Color che si diffonde
Per ogni oggetto ancora.

Del Sole il raggio candido
Sembra per me oscurato,
Il suon d’accenti musici
Stride al mio orecchio ingrato.
Un tremito improvviso
L’ossa scotendo va;
Scende il pallor sul viso,
Sugli occhi il pianto sta.

Uscite uscite, o lagrime,
Le luci liberate,
Sospiri uscite, e il misero
Mio core sollevate.
Ah! tornano nel seno
Di nuovo a gravitar.
Non mi si neghi almeno
Il ben di sospirar.

Le tenebre mi piacciono
Di tacito recesso.
Il bujo del mio spirito
Là riconosco espresso.
Questo è il mio bene, e questo
L’unico mio desir,
E il sonno ancor detesto,
Che accresce il mio martir.

Tanto fui pur sensibile,
Or nulla mi ricrea;
Un solo ben desidero…..
Fuggì, o di morte idea.
O ciel perch’hai diletto
In tormentar così
Chi alle tue voci un retto
Docile core aprì?

Sparì quella letizia,
Ce sparse un lusinghiero
Sorriso dilettevole
Sopra ogni mio pensiero:
Fuggì fuggì quel brio
Di viva gioventù
Che infuse nel cor mio
De’ carmi la virtù.

Tale d’olezzi nuvola
Dai fiori sollevata,
Lieve su i fiori librasi
Soave non mirata;
Poi se la notte il vento
Percuotela crudel,
Svanisce in un momento,
Piegano i fior lo stel.

Pure se all’alba un zefiro
Viene a lambirgli molle,
Lieti odorosi i petali
Ogni fioretto estolle.
Ah! se da Pindo move
L’auretta nel mio cor,
Chi fa che non rinnove
L’antico mio vigor?

Dorino tu che al vertice
Franco di Pindo miri,
Che ascendi ardito, e l’aere
Sacro di Pindo spiri,
Chi fa che a me il tuo canto
Non renda ilarità?
Quanto sia grata ah quanto
Se dono è d’amistà!